Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

martedì 6 novembre 2012

Dall'Esilio - Iosif Brodskij



I. <<Se i padroni di questo mondo avessero letto un po' di più, sarebbero un po' meno gravi il malgoverno e le sofferenze che spingono milioni di persone a mettersi in viaggio. [...] dobbiamo pur sempre ritenere che la letteratura sia l'unica forma di assicurazione morale di cui una società più disporre; che essa sia l'antidoto permanente alla legge della giungla; che essa offra l'argomento migliore contro qualsiasi soluzione di massa che agisca sugli uomini con la delicatezza di una ruspa - se non altro perché la diversità umana è la materia prima della letteratura, oltre a costruire la ragion d'essere.>>

II. <<Il passato, piacevole o penoso che sia, è invariabilmente un territorio sicuro, se non altro perché se n'è già fatta l'esperienza; e la capacità della specie di fare marcia indietro, di correre a ritroso - soprattutto con i pensiero o nei sogni, perché anche qui ci sentiamo generalmente al sicuro -  è fortissima in tutti noi, quale che sia la realtà che abbiamo di fronte.>>

III. <<Possiamo discutere ad infinitum delle nostre responsabilità e dei nostri doveri (verso i nostri rispettivi contemporanei, verso le rispettive patrie, non-patrie, culture, condizioni, eccetera), ma non dovrebbe diventare argomento di discussione o di esitazione questa responsabilità o, piuttosto, opportunità di aiutare il prossimo uomo - per quanto teorico possa essere, nella sua persona e nelle sue esigenze - a sentirsi un po' più libero. Se queste parole vi sembrano un tantino troppo elevate e umanistiche, be', me ne rincresce. In realtà non sono tanto umanistiche quanto deterministiche, acneh se non è il caso di fare distinzioni così sottili. Quel che cerco di dire è semplicemente che, avendo un'opportunità , nella grande catena causale delle cose, potremmo anche smetterla di esserne soltanto i rumorosi effetti per provare invece a giocare alle cause.>>

IV. <<Ma forse c'è in noi un valore più grande e una funzione più grande: noi siamo infatti involontarie personificazioni dell'idea sconsolante che un uomo liberato non è un uomo libero, che la liberazione è soltanto il mezzo per arrivare alla libertà e non ne è sinonimo.>>

V.<<Il compito di un uomo, si tratti di uno scrittore o di un lettore, sta prima di tutto nel vivere una vita propria, di cui sia padrone, non già una vita imposta o prescritta dall'esterno, per quanto nobile possa essere all'apparenza>>

VI. <<La lingua e, presumibilmente , la letteratura sono cose più antiche e inevitabili, più durevoli di qualsiasi forma di organizzazione sociale. Il disgusto, l'ironia o l'indifferenza che la letteratura esprime spesso nei confronti dello Stato sono in sostanza la reazione del permanente - meglio ancora, dell'infinito - ei confronti del provvisorio, del finito. Per non dire altro, fintanto che lo Stato si permette di immischiarsi negli affari della letteratura, la letteratura ha il diritto di immischiarsi negli affari dello Stato.>>

VII. <<La scelta estetica è una faccenda strettamente individuale, e l'esperienza estetica è sempre un'esperienza privata. Ogni nuova realtà estetica rende ancora più privata l'esperienza individuale; e questo tipo di privatezza, che assume a volta la forma del gusto (letterario o d'altro genere), può già di per sé costituire, se non una garanzia, almeno un mezzo di difesa contro l'asservimento. [...] Quanto più ricca è l'esperienza estetica di un individuo, quanto più sicuro è il suo gusto, tanto più netta sarà la sua scelta morale e tanto più libero - anche se non necessariamente più felice - sarà lui stesso.>>

VIII. <<Un romanzo o una poesia non è un monologo, bensì una conversazione tra uno scrittore e un lettore: una conversazione , ripeto, del tutto privata, che esclude tutti gli altri - un atto, se si vuole, di reciproca misantropia. E nel momento in cui questa conversazione avviene lo scrittore è uguale al lettore, come del resto viceversa, e non importa che lo scrittore sia grande o meno grande. Questa uguaglianza è  l'uguaglianza della coscienza. Essa rimane in una persona per il resto della vita sotto forma di ricordo, nebuloso o preciso; e presto o tardi, a proposito o a sproposito, condiziona la condotta dell'individuo.>>

IX. <<Nella storia della nostra specie, nella storia dell'homo sapiens, il libro è un fenomeno antropologico analogo in sostanza alla invenzione della ruota. Il libro, nato perché noi ci rendessimo conto non tanto delle nostre origini quanto delle possibilità intrinseche dell'homo sapiens, è un mezzo di trasporto attraverso lo spazio dell'esperienza, alla velocità della pagina voltata. Questo movimento a sua volta, come ogni movimento, diventa fuga dal denominatore comune, diventa un tentativo di innalzare la linea di questo denominatore - che inizialmente non arriva più su della cintola - fino al cuore, alla nostra coscienza, alla nostra immaginazione. Questa fuga è la fuga verso il <<volto non comune>>, in direzione del numeratore, della personalità, della dimensione privata. >>

X. <<Io non chiedo che si sostituisca lo Stato con una biblioteca - benché quest'idea abbia visitato più volte la mia mente - ; ma per me non c'è dubbio che, se scegliessimo i nostri governanti sulla base della loro esperienza di lettori, e non sulla base dei loro programmi politic, ci sarebbe assai meno sofferenza sulla terra.>>

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