Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

giovedì 25 dicembre 2014

DISCOURS DE LA METHODE 




I. <<È per questo che, non appena l'età mi permise di sottrarmi alla tutela dei miei precettori, abbandonai completamente lo studio delle lettere. E presa la decisione di non cercare più altra scienza, se non quella che avrei potuto trovare in me stesso o nel grande libro del mondo, impiegai il resto della mia giovinezza a viaggiare, a vedere corti ed eserciti, a frequentare persone di differenti temperamenti condizioni, raccogliere diverse esperienze, a mettere alla prova me stesso nei frangenti che la sorte mi offriva e a riflettere ovunque sulle situazioni che si presentavano in modo tale da trarne qualche profitto. Mi sembrava, infatti, di poter trovare molte più verità nei ragionamenti che ognuno fa a proposito delle cose che gli stanno a cuore e il cui risultato, se ha giudicato male, lo penalizza subito dopo, che non è ragionamenti che uno studioso svolge chiuso nella sua stanza. In effetti, le speculazioni di quest'ultimo sono prive di risultati concreti e non hanno per lui altra conseguenza se non che forse ne ricaverà tanta più vanità quanto più esse si discosteranno dal senso comune, per il fatto che avrà dovuto impiegare più ingegno e artificio nel tentare di rendere verosimili. Mentre, da parte mia, nutrivo sempre un estremo desiderio di imparare a distinguere il vero dal falso per veder chiaro nelle mie azione camminare con sicurezza in questa vita.>>

venerdì 12 settembre 2014

Lucrezio - De rerum natura



I. <<Infatti non crederai di certo che in qualunque sostanza possano esistere il pensiero e la natura dell'animo; come agli alberi non possono nascere in cielo, né le nubi dalle acque salmastre, né i pesci vivere nei campi, né il sangue scorrere nel legno o un liquido sgorgare dai sassi, ma è fermamente stabilito dove ogni cosa cresca o risieda, così la natura dell'animo non può sorgere da sola fuori del corpo, né sussistere distaccata dai nervi e dal sangue.

II. <<Affermare poi che gli dèi abbiano creato la splendida compagine del mondo a beneficio degli uomini e che perciò se ne debba lodare l'ammirevole opera, e ritenere che essa sarà eterna e immortale, giudicando un crimine scrollare con violenza dalle sue basi tutto ciò che i numi fondarono con antica decisione a favore della stirpe umana, e sconvolgere ogni cosa dalle sue più profonde radici: enunciare questo e aggiungere altri fittizi argomenti di tal genere, o Memmio, è puro delirio.>>

III. <<E ora contempla il cielo, che sopra e intorno alla terra la racchiude intera nel suo abbraccio;>>

IV. <<come a ogni uomo non pesano le proprie membra, né il capo sovraccarica il collo, né avvertiamo che il peso del corpo poggia interamente sui piedi; mentre ogni peso che venga imposto dall'esterno ci arreca molestia anche se sovente è minore. [...] Non vedi come la potenza dell'anima, sebbene oltremodo sottile, sostiene anche il grande peso del corpo, poiché è congiunta e creata insieme a esso? [...] Non vedi ormai quanto potere abbia una tenue forza, se unita a un corpo pesante, come l'aria è unita alla terra e la forza dell'anima a noi?>>

V. <<Il tempo infatti trasforma la natura del mondo, ed è legge che una nuova condizione s'avvicendi sempre alla precedente e impronti di é l'universo: nulla rimane uguale a se stesso, tutto si trasforma, la natura costringe ogni cosa a modificarsi e a mutare.>>

VI. <<Più tardi si scoprirono il piacere della ricchezza e l'oro, che sottrasse facilmente la gloria ai forti e ai belli, poiché coloro che nascono di membra robuste e avvenenti, per lo più seguono comunque il corteggio del ricco. Se invece si guidasse la vita con giusto criterio, la grande ricchezza dell'uomo sarebbe vivere sobriamente e con animo quieto; infatti non v'è mai miseria del poco. 

VII. <<Lascia dunque che si affannino invano e sudino sangue coloro che lottano sull'angusto sentiero dell'ambizione, poiché sanno per bocca d'altri e dirigono il loro desiderio ascoltando la fama piuttosto che il proprio sentire; né questo accade e accadrà più di quanto è accaduto in passato. 

VIII. <<Dunque, uccisi i monarchi, giacevano abbattuti l'antica maestà dei troni e gli scettri superbi, e la nobile insegna della fronte sovrana piangeva cruenta sotto i piedi del volgo il grande onore perduto: si calpesta infatti con gioia ciò che prima si è troppo temuto.>>

IX. <<Non v'è alcuna devozione nel mostrarsi spesso con il capo velato, nel rivolgersi a una statua di pietra e visitare tutti i templi, nel gettarsi prosternati in terra e nel tendere le palme davanti ai templi degli dèi, nel cospargere le are di molto sangue di animali, nel reiterare offerte votive: devozione è piuttosto poter guardare tutto con mente serena.>>

X. <<Così il tempo avvicenda il turno di tutte le cose. Ciò che prima ebbe onore, diventa di nessuna importanza; e subito altro lo segue ed esce dall'antico dispregio e ogni giorno di più si ricerca, e scoperto fiorisce di lodi e tra gli uomini vive in mirabile stima.>> <<Sic volvenda aetas commutat tempora rerum>>

XI. <<E dunque il genere umano senza frutto e invano si affanna in perpetuo, consumando la vita in inutili travagli; e non fa meraviglia, perché non conosce misura al possesso, e nemmeno fin dove il genuino piacere si accresca>>

XII <<Anche il tempo non esiste per se, ma dalle cose stesse deriva il sentimento di cio che incalza. di quello che poi seguira.>>

XIII <<Infine, se tutto si crea dai quattro elementi e in questi ancora tutto si dissolve, come possono essi chiamarsi principi delle cose, e non le cose all'opposto credersi loro principi? Gli uni dagli altri infatti si generano e mutano a vicenda il colore e tutta la loro natura fin dall'inizio dei tempi.>>

XIV <<Anche l'avidità e la cieca ambizione, che spingono i miseri uomini a varcare i confini del giusto e talvolta, facendosi complici e ministri di scelleratezze, a sforzarsi notte e giorno con assillante fatica per emergere al sommo della potenza: queste piaghe della vita, sono alimentate in gran parte alla paura della morte. Perché di solito l'infame disprezzo e la povertà amara sembrano remoti da una vita dolce e sicura e quasi già sostare davanti alla porta della morte; e mentre gli uomini, incalzati da un vano terrore, vorrebbero essere fuggiti via da esse e trovarsi lontano, con il sangue civile accrescono la loro fortuna e raddoppiano avidi le ricchezze, accumulando strage su strage,; crudeli gioiscono al triste funerale del fratello e odiano e temono le mense dei consanguinei. In simile modo, sovente per lo stesso timore, li macera l'invidia che incede tra splendidi onori, mentr'essi si lagnano di voltarsi fra le tenebre e nel fango: Altri si consumano per desiderio di statue e di fama; e spesso a tal punto, per timore della morte, afferra gli uomini odio del vivere e del vedere la luce, che con l'animo pieno d'angoscia si dànno essi la morte, immemori che la fonte degli affanni è questo timore, questo annienta la dignità, questo spezza i legami dell'amicizia e insomma induce a rinnegare la pietà. Già più volte cercando di sfuggire gli abissi d'Acheronte. Perché, come i fanciulli trepidano e di tutto hanno paura nell'oscurità cieca, così noi nella luce temiamo talvolta di cose per nulla più temibili di quelle che i fanciulli paventano nel buio e immaginano vicine ad accadere. Questo terrore dell'animo, dunque, e queste tenebre devono dissiparle non i raggi del sole né i fulgidi dardi del giorno, ma la contemplazione e la scienza della natura.>>

XV <<Poi, quando il corpo giace in profonda quiete, ci sembra allora di vegliare e di muovere le membra, e nella caligine cieca della notte crediamo di vedere il sole e la luce del giorno, e in chiusa stanza ci sembra di mutar cielo, mare, fiumi, montagne, di traversare a piedi pianure, di udir suoni, mentre i severi silenzi della notte durano tutt'intorno, e di pronunciare parole mentre si tace. Altri fatti simili a questi ci appaiono in grandissimo numero, e cercano tutti, diresti, di scuotere la fede nei sensi: ma invano, perché la maggior parte d'essi ci inganna per le opinioni della mente che noi stessi aggiungiamo, sì che valgono come viste cose non viste dai sensi: in verità niente è più arduo che distinguere i fatti evidenti dalle ipotesi, che l'animo subito da sé aggiunge.>>
 
XVI <<Ma, finché è lontano, ciò che desideriamo ci sembra superare ogni altra cosa; poi, quando quello ci è dato, aneliamo ad altro ancora, e un'eguale sete di vita perennemente ci affanna. >>

lunedì 30 giugno 2014

Seneca - Lettere Morali a Lucilio



EPISTULÆ MORALES AD LUCILIUM


I. <<Non chi ha poco, ma chi desidera di più è povero. Che importa quanto denaro quel tale tiene racchiuso nel forziere, che importano la quantità di cereali nei granai, la consistenza degli armamenti nei pascoli o il reddito dei suoi capitali, se sta sempre lì addosso ai beni altrui, se fai i conti non di ciò che ha acquisito, ma di quello che potrebbe ottenere? Mi chiedi quali siano i limiti delle ricchezze? Ecco il primo: avere l'indispensabile, ecco il successivo: avere ciò che è sufficiente.>>

II. <<Continua per la tua strada, capirai che certe situazioni devono essere meno temute proprio perché incutono molta paura. Nessun male che sopraggiunge per ultimo è davvero grande. Tisi appresta la morte: dovresti temerla se potesse restare con te. A questo punto, una delle due: o non ti colpisce o ti sfiora e passa oltre.>>

III. <<La maggior parte degli esseri umani oscilla miserevolmente tra la paura della morte  i crucci della vita.: non sa vivere, non vuole morire. Renditi dunque serena la vita lasciando da parte ogni angoscia. Non c'è ricchezza che giovi a chi la possiede se l'animo non è preparato a perderla; nessuna perdita, poi, è più agevole di ciò che, una volta perduto, non può lasciar alcun vuoto. Pertanto, contro un genere di sventure che possono abbattersi anche sugli uomini più potenti, devi armarti di coraggio e di perseveranza. >>

IV. <<La retta via, che ho conosciuto tardi e ormai stanco del mio errare, ecco, la indico agli altri e grido: "Evitate tutto ciò che piace al volgo e che è un dono del caso; davanti a un bene fortuito, quale che sia, arrestate, sospettosi e pieni di timore, i vostri passi. Sono le fiere e i pesci a essere ingannati dalle seduzioni di non so quale speranza. Credete che tutto questo sia dovuto alla generosità della Fortuna? Sono tranelli e basta. Chiunque di voi vorrà trascorrere una vita sicura, stia alla larga il più possibile da codesti suoi favori, appiccicaticci come il vischio, e all'interno del loro campo d'azione noi, sciagurati, sbagliamo anche in questo: crediamo di possederli mentre ne siamo indissolubilmente posseduti.">>

V. <<Sdegnate tutto ciò che una fatica superflua pone come ornamento e splendore, pensate che nulla è ammirevole all'infuori dell'animo e che per un animo grande non c'è nulla di grande>>

VI. <<Cratete, discepolo di Stilbone, di quello, appunto, che ho ricordato nella lettera precedente, avendo visto, come dicono, un ragazzo che passeggiava in un luogo isolato, gli chiese che cosa mai facesse là tutto solo. <<Discorro con me stesso>> disse. E cratete: <<Bada, ti prego, e stai bene attento: parli con una persona del tutto sconveniente.>> >>

VII. <<I desideri naturali hanno limiti precisi, quelli che nascono da un falso metro di giudizio non conoscono limiti dove arrestarsi. La sfera del falso non ha confine: Chi va per la sua strada ha un punto d'arrivo; l'errore si perde in spazi incommensurabili. Ritraiti dunque dalle vanità e quando vorrai sapere se le tue aspirazioni scaturiscono da un desiderio naturale o da cieca cupidigia, considera se hanno un punto ben definito su cui fermarsi. Se a chi si è spinto lontano  rimane pur sempre una meta ancora più lontana, sappi che non si tratta di un desiderio in armonia con la natura.>>

VIII. <<Come è del tutto indifferente che tu ponga un ammalato in un letto di legno o in uno d'oro - dovunque lo avrai trasportato , egli trasporterà con sé la propria malattia - , così non importa che un animo sofferente venga a trovarsi in mezzo alle ricchezze o nella povertà: il suo male lo segue.>>

IX. <<La filosofia insegna ad agire, non a chiacchierare, ed esige che ognuno viva secondo i propri principi affinché la vita non sia in disaccordo con la parola o addirittura con se stessa e uno solo sia il colore di ogni azione. Questa è la suprema funzione della saggezza e il suo carattere distintivo: mettere in armonia le parole con le opere far sì che in ogni circostanza l'uomo sia coerente ed identico a se stesso. "Chi sarà in grado di farlo?" Pochi. Alcuni, però, certamente.>>

X. <<Nessuno nasce ricco: chiunque viene alla luce è tenuto ad accontentarsi di latte e di un quadratuccio di tela: questi sono gli inizi, poi neppure interi regni bastano a contenerci.>>

XI. <<E così, senza scomporti, ascolta le minacce del tuo avversario e sebbene la tua coscienza ti infonda fiducia, tuttavia, dal momento che si impongono molti elementi estranei al processo, spera nel massimo della giustizia e contemporaneamente preparati al massimo dell'iniquità. Ti ricordo però anzitutto di togliere alle cose la loro inquietante componente accessoria e di considerare ciò che ognuna di esse è in concreto: apprenderai che nulla di terribile vi si annida se non la stessa paura. >>

XII. <<Ma come! Hai saputo soltanto ora che la morte ti sovrasta, soltanto ora che l'esilio, il dolore ti minacciano? Per questi affanni tu sei nato: qualunque evento possa accadere, pensiamo dunque debba prodursi per necessità ineluttabile.>>

XIII. <<Diventerò povero: bene, sarò una della maggioranza. Diventerò esule: bene penserò di essere nato nel luogo dove mi manderanno. Sarò incatenato: e con questo? forse che ora sono sciolto? A questo peso del corpo la natura mi ha vincolato. Morirò: vuoi dire che cesserò la possibilità di ammalarmi, di essere ridotto in catene, di rischiare la morte.>>

XIV. <<Moriamo ogni giorno. Infatti giorno dopo giorno ci è tolta una parte di vita e persino quando cresciamo, la vita decresce. Abbiamo perso l'infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza. Fino a ieri tutto il tempo che è passato è perduto; questo stesso giorno, che stiamo vivendo, lo condividiamo con la morte. Non l'ultima goccia esaurisce la clessidra, ma tutto ciò che prima è colato; così l'ora suprema, in cui cessiamo di esistere, non ci ha procurato, lei sola, la morte, ma lei l'ha portata solo a compimento: la raggiungiamo in quel momento, ma da tempo dura il cammino.>>

XV. <<Dunque mi sveglierò, dormirò, avrò fame, sentirò freddo, sentirò caldo. nulla volge al termine, ma tutti gli elementi della realtà sono connessi tra loro in un ciclo, fuggono e si susseguono. Il giorno è incalzato dealla notte, la notte dal giorno, l'estate sfocia nell'autunno, l'autunno è rincorso dall'inverno, che, a sua volta, è sopraffatto dalla primavera. Così tutto passa e ritorna. Non faccio nulla di nuovo, nulla di nuovo io vedo. Talvolta si prova nausea anche di questo. Sono molti coloro che non giudicano un'atrocità il vivere, ma qualcosa di assolutamente inutile.>>

XVI. <<Ma c'è qualcosa che ci rende ancora più grandi nel vivere come se fossimo sotto gli occhi di un uomo virtuoso e costantemente presente. Mi accontento tuttavia che tu agisca, qualunque cosa farai, come se qualcun altro ti osservasse. Ogni male è suggerito dalla solitudine.>>

XVII. <<Poco fa ti dicevo che sono un uomo in vista della vecchiaia; ora temo di avere lasciato la vecchiaia alle mie spalle. Già a questa età o almeno a questo mio corpo, si addice un altro nome; infatti il termine "vecchiaia" designa un et stanca, ma non affranta: mettimi pure nel numero dei decrepiti, ra coloro che toccano il limite estremo dell'esistenza. >>

XVIII <<Mi congratulo tuttavia presso di te con me stesso: non avverto nel mio animo le ingiurie del tempo, mentre le sento nel corpo. Soltanto i miei difetti e tutto ciò che era al loro servizio sono invecchiati. L'animo è vigoroso e si rallegra di non avere molto a spartire con il corpo: ha deposto gran parte del suo peso, esulta e mette in discussione con me la vecchiaia, sostiene che questa è la sua età fiorita. Crediamogli, goda pure di un bene che è tutto suo. >>

XVIX. <<Possa io morire, se il silenzio è così indispensabile, come sembra, a chi si è appartato per i suoi studi. Ecco, risuonano intorno a me da ogni lato grida e rumori svariati: abito proprio sopra uno stabilimento termale. Orbene, immaginati voci di ogni genere che possono rendermi odiose le mi stesse orecchie [...] Aggiungi il bullo litigioso e il ladro colto in flagrante e quello che si compiace della sua voce mentre fa il bagno; mettici quelli che si tuffano nella piscina con il rumore infernale prodotto dall'urto dell'acqua. Oltre a codesta gente che, se non altro, ha voci normali, pensa all'uomo che per mestiere depila le ascelle e che emette continuamente una voce sottile e stridula per farsi notare e che non tace mai, se non quando spilucca le ascelle e fa gridare un altro al suo posto. Ed eccoti ancora le varie grida del venditore di bibite e il salsicciaio e il pasticciere e tutta quella gamma di imbonitori da osteria che con una caratteristica modulazione di voce offrono in vendita la propria merce. Mi sembra che distragga di più la voce umana che il frastuono; la prima, infatti, richiama l'attenzione, il secondo riempie e colpisce soltanto le orecchie. Fra tutto quello che strepita intorno a me senza distrarmi annovero i carri che passano veloci, il fabbro mio coinquilino e il falegname della casa vicina o questo tipo che prova le sue trombette e i suoi flauti presso la Meta Sudante, e non canta, ma urla. Per giunta il suono che si interrompe a ogni momento mi infastidisce più ancora di quello continuo. Ma ormai mi sono fatto talmente il callo a tutti questi disturbi che potrei mettermi a sentire persino un capociurma mentre con voce sguaiata dà la misura ai rematori. Costringo infatti il mio animo a concentrare su di sé l'attenzione a non lasciarsi sedurre da richiami esterni. Tutto faccia pure un gran baccano fuori di me, purché nel mio intimo nulla sia in tumulto, purché non si scontrino fra loro la cupidigia e la paura né siano in dissidio la brama di accumulare ricchezze e l'amore per il lusso e non si tormentino a vicenda. Del resto, a che serve il silenzio di un'intera contrada se le passioni scalpitano? "Tutto era assorto nella placida quiete della notte." È una falsità: nessuna quiete è portatrice di pace se non quella che la ragione ha realizzato. La notte smorza gli affanni, non li elimina; cambia soltanto il tipo di ansia, tanto è vero che i momenti di insonnia di chi cerca di dormire non sono meno agitati delle ore diurne: vera tranquillità è quella in cui si esplicano le facoltà di una mente indirizzata alla saggezza. >>

XX. <<Quell'oscurità mi ha tuttavia fornito un tema di riflessione; ho avvertito nell'animo mio come una scossa e un cambiamento non angoscioso, ma provocato dalla novità e dall'orrore di una situazione insolita. [...] VI sono emozioni, caro Lucilio, che nessun tipo di coraggio riesce a sfuggire: la natura è li per ricordare che anche il coraggio è qualcosa di mortale. Pertanto anche quell'uomo corrugherà il volto di fronte a spettacoli tristi e gli si rizzeranno i capelli davanti a eventi improvvisi e la mente gli si obnubilerà, se, piazzato sull'orlo di un abisso, ne scruterà l'orrida profondità. Non si tratta di paura, ma di una reazione naturale, non dominabile dalla ragione. [...] Come la fiamma non può essere soppressa perché si sprigiona tutt'intorno alla materia che la compire; come l'aria colpita di piatto e di punta non subisce danno e neppure si fende, ma si rifonde intorno all'oggetto dal quale  si è allontanata, così l'anima umana, formata da una sostanza tenuissima, non può essere afferrata nè costretta a restare all'interno del corpo, ma in virtù della sua sottigliezza erompe attraverso le parti stesse da cui è compressa. [...] A questo punto bisogna chiedersi se può essere immortale. Questo ritieni per certo: se sopravvive al corpo, e quindi non perisce, l'anima non può essere in alcun modo e da nulla schiacciata, perché nessuna immortalità  soggiace a eccezioni e niente può nuocere a ciò che è eterno.>>

XXI <<Appunto questo vuol dire Eraclito: <<Nel medesimo fiume discendiamo e non discendiamo due volte>>. Stabile, infatti, è il nome del fiume, l’acqua, invece, è passata. Tale cambiamento è più evidente in un fiume che non nell’uomo, ma anche noi siamo sorpassati da una corrente non meno veloce, e mi stupisco della nostra follia, per cui siamo così attaccati a un bene fugacissimo, il corpo, e abbiamo paura di morire da un momento all’altro, mentre ogni momento è la morte del nostro precedente modo di essere: deciditi a non temere che avvenga una volta ciò che succede ogni giorno!>>

XXII <<Almeno questo: tutte le cose che sono asservite ai sensi, che ci infiammano e ci stimolano, non hanno  secondo Platone, un'esistenza vera e propria. Dunque sono immaginarie e di sé offrono soltanto un aspetto transeunte; nessuna di esse è stabile e consistente, e tuttavia le desideriamo, come se fossero destinate a durare per sempre e dovessimo possederle perennemente. Esseri deboli, quali noi siamo, e mobili come l'acqua, ci siamo fermati tra le illusioni; dobbiamo invece indirizzare il nostro animo verso valori eterni. Volteggiando nelle sfere sublimi, ammiriamo dunque le formule di tutte le cose e la divinità che dimora tra esse e che provvede a tener lontano dalla morte quanto non ha potuto rendere immortale, poiché la materia lo impediva, e a superare con la ragione l'imperfezione del corpo>>

XXIII <<L'intero genere umano, quello che è ora e quello che sarà, è condannato a morire: tale il destino di tutte le città, dovunque sorgano, che hanno affermato il loro dominio e che rappresentano un prestigioso ornamento di altri imperi: un giorno si cercherà dove mai sia stata la loro sede. Esse scompariranno per diverse cause di morte: le une saranno distrutte dalle guerre, le altre verranno consumate dall'ozio, da una pace degenerata in inerzia e da uno stile di vita capace di annientare grandi potentati, cioè da uno sfarzo eccessivo. una repentina inondazione del mare cancellerò queste fertili campagne o scoscendimenti del suolo, che si infossa, le trascineranno in un crepaccio apertosi all'improvviso. Allora perché dovrei sdegnarmi o dolermi, se precedo di un breve momento il destino comune? >>

XXIV. <<Manteniamoci dunque sulle nostre posizioni e perseveriamo: restano difficoltà più numerose di quelle che abbiamo sconfitto, ma una gran parte del progresso consiste nella volontà di andare avanti. Ne sono consapevole: lo voglio, lo voglio con tutte le risorse della mia mente. Vedo che anche tu sei pervaso da questo ardore e che ti affretti con grande slancio verso questi meravigliosi ideali. Affrettiamoci; allora si che la vita sarà un'opera ben fatta; altrimenti è una perdita di tempo e, per la verità, un indugiare vergognoso per gente che tira a campare fra cose tutt'altro che nobili. Facciamo in modo che ogni istante del nostro tempo ci sia proficuo. Ma non lo sarà, se prima non avremo cominciato a essere padroni di noi stessi. >>

XXV. <<Nuovi impegni si presenteranno a ogni piè sospinto: siamo noi che li seminiamo, e così da uno solo ne scaturiscono parecchi. poi ci prendiamo un po' di tempo: "Quando avrò portato a termine quest'affare, mi metterò al lavoro con tutta l'anima" e "Se avrò risolto questa incombenza fastidiosa, mi darò allo studio". Non devi dedicarti alla filosofia quando tu hai tempo a disposizione, ma avere tempo libero per occuparti di filosofia. Bisogna considerare secondaria ogni altra attività per attendere a questa disciplina, per cui nessuna quantità di tempo è abbastanza grande, anche se la vita si prolunga dalla fanciullezza ai limite estremi dell'esistenza. Non fa gran differenza che tu abbandoni del tutto i tuoi rapporti con la filosofia o che li interrompi soltanto, perché la filosofia non rimane nel punto dove stata interrotta, ma alla stregua di quei corpi elastici che, tesi al massimo, riacquistano poi d'un colpo lo stato iniziale, così essa torna al punto di partenza in quanto le è venuta a mancare la continuità. >>

XXVI. <<Che cosa c'è più insensato di questo: che un uomo si compiaccia vanitosamente di un bene che non è opera sua? Tutti questi agi trovino libero accesso presso di noi, ma non aderenza; così, se ci saranno tolti, se ne andranno senza provocarci lacerazione. Serviamocene senza farne un vanto e utilizziamoli con parsimonia come beni lasciati in deposito presso di noi e destinati a scomparire.Chiunque li ha posseduti senza discernimento, non li ha tenuti a lungo: la stessa prosperità, se non viene usata con moderazione, si autodistrugge. [...] sarà opportuna la lungimiranza che imponga a loro misura e parsimonia, perché la sfrenatezza dissolve e spinge nell'abisso con un pungolo incessante le sue stesse ricchezze né mai alcunché di smodato dura a lungo, se la ragione moderatrice non ha imposto i suoi freni. te lo dimostrerà il destino di molte città, i cui imperi rigogliosi caddero proprio mentre erano in fiore e tutto ciò che si era ottenuto con il valore cadde in rovina a causa degli eccessi. Dobbiamo agguerrirci contro tale sventure. D'altra parte non esistono mura inespugnabili contro la Fortuna,: disponiamo dunque le nostre difese all'interno; se questo lato è sicuro, l'uomo può essere duramente attaccato, ma non preso. >>

XXVII. <<Verrano molte migliaia di anni, molte migliaia di generazioni dopo di noi: volgi ad essere il tuo sguardo. Anche se a tutti quelli che vivono quando tu vivi la livida invidia avrà imposto il silenzio, verrà chi ti giudicherà senza avversione, ma anche senza indulgente compiacenza. Se dalla fama deriva alla virtù qualche ricompensa, neppure questa andrà perduta. Certo, i discorsi dei posteri non ci toccheranno, tuttavia ci onoreranno esprimendosi in una coralità di voci, anche se non li percepiremo.>>

martedì 24 giugno 2014

Le mie recensioni dei 500 album più importanti di tutti i tempi secondo Rolling Stone.



Ebbene si, ho intenzione di imbarcarmi lungo un cammino musicale totalmente inane e potenzialmente esiziale, quello di ascoltare e commentare tutti i cinquecento album che furono inseriti nella dubbia lista "500 greatest albums of all time" di Rolling Stone, che nel 2003 fece tanto discutere.http://www.rollingstone.com/music/lists/500-greatest-albums-of-all-time-20120531 È molto probabile che mi possa annoiare e possa interrompermi anche solo dopo 40 dischi, ma amo molto i reboanti annunci in stile governativo. Inizierò dal numero uno ovverosia "Sgt. Pepper's lonely hearts club band"

sabato 24 maggio 2014

Minimalismo

I. L'armonia era quindi colpevole, agli occhi di Cage, di operare un'ingiusta selezione nell'orizzonte sonoro, dal quale venivano escluse due dimensioni fondamentali, quella del rumore e quella del silenzio; a queste due dimensioni Cage teneva enormemente, al punto da costruirci sopra la propria poetica. Già nel 1937 dichiarava: <<Credo che l'impiego del rumore nella creazione musicale sia destinato ad aumentare fino a culminare in una musica prodotta con l'ausilio di strumenti elettrici capaci di mettere a disposizione del compositore tutti i suoni udibili>>; e nel 1942 cercava di richiamare l'attenzione sulle potenzialità espressive del rumore urbano: <<I suoni della città perdono il loro carattere irritante e divengono materiali per una forma di arte altamente drammatica ed espressiva>>.

venerdì 2 maggio 2014

Sentenze e motti di spirito.  Ferdinando Galiani

I. <<AMORE -
Quando Messer Domenedio fece l'uomo, ne tirò via una costola per istamparne la femina; d'allora in poi tutti gli uomini sparsi nel mondo van cercando fra le donne le costole loro; e adattandone al fianco or una, or l'altra misurano: <<questa non è dessa, quest'altra va alquanto men male, quella di poco è più piccola, questa appena eccede>>, e così van facendo fin che incontrino la costa propria: trovatala, trasportati da gioia gridano: <<questa è la costatella mia>>, e se l'adattano al fianco, se possono, contenti e quieti.>>

II. <<Brevità>>

Sicché perdonatemi se quanto resterebbe a dire, a tempo più acconcio io rimando, e se vi prego a scusar la lunghezza anche di quel che io ho detto, ricordandovi che io non ho bastevol tempo avuto da poter esser più breve, e mi taccio. 

domenica 30 marzo 2014

La vita intensa


Alla stazione di Milano.

Cosi dicendo, eravamo arrivati alla stazione. Di là dalle uscite di quella si vedeva minacciare un primo flutto di arrivanti : massa variamente densa, bruna quasi tutta con chiazze disordinate di colori più vivi, e tutta olesoa ; e se ne spiccavano esseri d’aspetto quasi umano. Mi spinsi a guardare : l’amalgamo viscido saliva ribollendo su dalle profondità delle scale , gorgogliava presso i cancelli, vi filtrava attraverso, e di qua si rinfettiva per fare impeto contro le altre porte delle uscite , sboccando all’aêrto cominciava a dilargare, tragico pastone umano sputacchiato qua e là di luci erratiche dalle lampade che non riuscivano a tenere buia la piazza, poltiglione macabro rimescolato dai lunghi bastoni d’ombra e si protendevano dai lampioni. Di mano in mano che s’allontanava dalle superate porte, tutto quello umanume, arabescato dalle volute disinvolte dei tranvai, sferzato dalle frecciate rigide degli automobili, si andava sfarinando in uno sofrmicolio sempre più fumido verso le tenebrosità romantiche del giardino, gli assorbimenti tortuosi dei viali, le luminosità bestiali delle due fili d’alberghi che fanno da quinte a quello scenario feroce. La massa umaniforme non aveva una voce, ma parlava con un miscuglio affatturato di gorgolii isterici, sbuffi, asme e ansiti con gemiti anelati e squarci di strilli e di fischi, come un groviglio di serpi in amore in mezzo a un cespo di fichi d’india : che era l’urlato inno della vita intensa degli uomini verso lo stellato cadente d’agosto.
Io m’infilai tra la nuova calca che usciva dalla porta di destra ; e spronato dalla fiducia e dalla raccomandazione di Florestano, mi misi con infinito scrupolo a esaminare gli arrivanti. Mi stabilii e fermai solidamente sulle due gambe un po’ aperte, per non essere travolte dalla fumana ; il mio corpo costituiva cosi come una roccia incrollabile contro cui la corrente veniva a fendersi, si apriva un momento in due corsi i quali mi giravano attorno ruvidamente per ricongiungersi subito dall’altra parte, dietro di me, verso il loro destino. Ma io non guardavo dietro me, né mi curavo del loro destino ; fissavo avanti con un’attenzione concentrata ed enorme, scrutando tutti i visi sotto i capelli, berretti , paplie e tese d’ogni foggia.
Il glutiname d’uomini che prima avevo ammirato nella sua unità quasi amorfa, ora mi si specificava in individui e individue e individuini, in un continuo lavorio di modellazione. Mi pareva che io col mio sguardo appunto, creassi quelle specificazioni plastiche ; e mi pareva per ciò di essere un Dio, perchè pensai che probabilmente anche Dio lavora sopra una massa malforme affollata ai cancelli del mondo, e col solo sguardo fissandola senza toccarla ne plasma e cava fuori gli esseri interi, staccati e invidivui. Ma forse non è vero. Certo è che Dio li fa senza valigie, scialli, cesti, ombrelli o cappelliere di sorta ; quelle cose se le son fatte loro, con dell’intelligenza avuta da Dio all’uscita dalla Grande Stazione. A me invece pareva che i centri vitali e intelligenti di quella materia fossero appunto le valigie e le ceste, che arrivavano e si spingevano, trascinandosi dietro, mediante un pugno stretto e un braccio testo che dal pugno andava in su, un uomo o una donna. (Massimo Bontempelli, La vita Intensa, Mondadori, Milano)

mercoledì 12 febbraio 2014

Brocardi latini

I. <<Accipe (libellum) et devora illum: 
        Prendi il libro e divoralo (Apocalisse di san Giovanni 10,9). >>

II <<Accipere quam facere praestat iniuriam:
        E' preferibile ricevere un torto che farlo (Cicerone Tusculanae Disputationes, Libro V, XIX, v.56). >>

III <<Altissima quaeque flumina minimo sono labuntur:
         I fiumi più profondi sono quelli che scorrendo fanno meno rumore (Curzio Rufo, Historiarum Alexandri                    Magni, Liber VII, cap.IV). >>

IV <<Altiora peto:
        Miro a cose più eccelse. >>

V. <<Aut non rem temptes aut perfice:
Se inizi una cosa portala a compimento (Ovidio Ars amatoria Libro I, 389). >>

VI. <<Belua multorum es caput:
(Tu o popolo) sei una belva dalla molte teste (Orazio Lettere libro I, v.76).>>

VII. <<Certa mittimus dum incerta petimus:
Perdiamo quanto è certo rincorrendo l'incerto (Plauto Pseudolus Atto II, 3, 685).>>

VIII. <<Cineri gloria sera venit:
Per chi è morto la gloria arriva troppo tardi (Marziale Epigr. Libro I, LXXXVIII, v.4). >>

IX. <<Conscientia bene actae vitae multorumque bene factorum recordatio iucundissima est: 
La consapevolezza di una vita passata onestamente e il ricordo delle molte cose fatte bene è cosa piacevolissima (Cicerone Cato maior De senectute 1,9). >>

X. <<Copia ciborum, subtilitas impeditur:
Il troppo cibo intorpidisce la capacità di ragionare (Seneca, Epistulae Morales Ad Lucilium - Libro II, XV,3). >>

XI. <<Disciplinae radices amarae, fructus dulces: 
Le radici della disciplina sono amare ma i frutti sono dolci (Attribuita ad Aristotele)>>

XII. <<Divitiarum et formae gloria fluxa est: 
La gloria delle ricchezze e della bellezza è effimera e fragile. (Sallustio, Bellum Catilinae- Prologo)>>

XII. <<Dulce bellum inexpertis
Chi ama la guerra non l'ha mai provata (Attribuita al poeta greco Píndaro, è ripresa da Erasmo da Rotterdam negli Adagia).>>

XIII. <<Emas non quod opus est, sed quod necesse est:
Non comprare ciò che può occorrere ma ciò che ti è necessario (Seneca, Epistulae Morales Ad Lucilium, Liber XV, 94).>>

XIV. <<Estote prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae:
Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe (Nuovo testam. Mt. 10,16). >>

XV. <<Est proprium stultitiae, aliorum vitia cernere, oblivisci suorum:
E' prerogativa dello stolto ricercare i difetti degli altri e dimenticarsi dei propri (Cicerone, Rhetorica, Tusculanae Disputationes, Libro III, 73). >>

XVI. <<Ferae pericula quae vident fugiunt:
Le fiere fuggono di fronte al pericolo (Seneca, Epistulae Morales Ad Lucilium - Libro I, V, 9). >>

XVII. <<Forma bonum fragile est:
La bellezza è un bene fragile (Ovidio, Ars amatoria, libro II,v.113 ).>>

XVII. <<Frangitur ira gravis cum sit responsio suavis:
Una risposta dolce infrange l'ira.>>

XVIII. <<Fugiendo in media saepe ruitur fata:
Chi vuole sfuggire al suo destino spesso ci cade nel mezzo (Tito Livio. A Urbe condita, Libro VIII, v.24)>>

XIX. <<Gravis malae conscientiae lux est:
La luce è insopportabile per le cattive coscienze (Seneca, Lettere morali a Lucilio, Libro XX, CXXII, 14).>>

XX. <<Homines, dum docent, discunt:
Gli uomini mentre insegnano imparano (Seneca, Epistulae Morales Ad Lucilium - Libro I, VII, 8).>>

XXI. <<Hominibus plenum, amicis vacuum:
Pieno di uomini, vuoto di amici (Seneca, De beneficiis, Libro VI, 34).>>

XXII. <<Homo bonus sempre tiro est:
L'uomo buono è sempre un principiante (Marziale, Epigrammi, libro XII, epigr. 51).>>

XXIII. <<Humana cuncta sic vana:
Così tutte le cose umane vanno in nulla.>>

XXIV. <<Impossibilium nulla est obligatio :
Di fronte all'impossibile non c'è alcun obbligo (Publio Iuvenzio Celso, Digesto, Libro 8 , D50.17.185)). >>

XXV. <<Inanis verborum torrens:
Un inutile torrente di parole (Quintiliano, Institutio Oratoria 2.7.23). >>

XXVI. <<Infinitus est numerus stultorum: 
Il numero degli stolti è infinito (Antico Testamento Ecclesiaste 1,15). >>

XXVII. <<Iniquum est conlapsis manum non porrigere:
E' disdicevole non aiutare chi è caduto (Seneca il vecchio,Controversie , Libro I, 14).>>

XXVIII. <<Legere et non intelligere est negligere:
Leggere e non capire equivale a non leggere (Disticha Catonis, Libro I, prologo). >>

XXIV. <<Lusisti satis, edisti satis atque bibisti: tempus abire tibi est:
Ti sei divertito abbastanza, hai mangiato e bevuto a sufficienza: è tempo che te ne vada (Orazio, Epistulae, libro II, Lettera II, vv. 214-215).>>

XXV. <<Lusisti satis, edisti satis atque bibisti: tempus abire tibi est:
Ti sei divertito abbastanza, hai mangiato e bevuto a sufficienza: è tempo che te ne vada (Orazio, Epistulae, libro II, Lettera II, vv. 214-215).>>

XXVI. <<Mens regnum bona possidet:
Possiede un regno chi ha una coscienza retta (Seneca, Tragedie, Thyestes, v. 380). >>

XXVII. <<Mirabile videtur, quod rideat haruspex, cum haruspicem viderit
C’è da stupirsi che un indovino non rida, vedendo un altro indovino>>

XXVIII. <<Multi multa, nemo omnia novit:
Molti sanno molto ma nessuno sa mai tutto.>>

XXVIX. <<Nec scire fas est omnia:
Non è concesso sapere tutto (Orazio, Odi, Libro IV, 4,22).>>

XXX. <<Nemo potest omnia scire:
Nessuno può sapere tutto.>>

XXXI. <<Non faciunt meliorem equum aurei freni:
Le redini d'oro non rendono migliore il cavallo (Seneca, Lettere Morali a Lucilio, Libro IV, XLI). >>

XXXII. <<Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat?:
Cosa possono le leggi dove solo il denaro comanda? (Petronio, Satiricon, XIV)>>

mercoledì 5 febbraio 2014

The Lord of the Rings




I. <<Advice is a dangerous gift, even from the wise to the wise, and all courses may run ill>>

lunedì 20 gennaio 2014

Dune



I. <<Deep in the human unconsciousness is a pervasive need for a logical universe that makes sense. But the real universe is always one step beyond logic.>>

II. << The concept of progress acts as a protective mechanism to shield us from the terrors of the future.>>