Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

martedì 28 maggio 2013

Corridoi

Cosa c'è di più adorabile di girare per i corridoi al lavoro, e mentre ci si approssima ad uno di questi, incontrare una persona che quasi ti investe, ti sorride, e ti dice "Ciao bello!!" in maniera tutta entusiasta?

Nulla da dire, a parte il piccolo particolare del fatto che la persona in questione non ti conosce affatto.

Le metropoli e la vita dello spirito - Georg Simmel



I. <<So che morirò senza eredi spirituali (e va bene così).La mia eredità assomiglia a denaro in contanti, che viene diviso tra molti eredi, di cui ognuno investe la sua parte in modo conforme alla sua natura, senza interessarsi della sua origine.>>

Ib. <<La modernità è essenzialmente crisi permanente, non solo e non tanto perché si radica in processi che sconvolgono progressivamente tutti gli ordini sociali tradizionali, ma perché il mutamente in se stesso è il suo principio.>> (Paolo Jedlowski)

Ic. <<L'intelletto (Verstand) è distinto dalla ragione (Vernunft): mentre la seconda è un principio che dà ordine alle conoscenze empiriche in base a domande che riguardano il loro "senso", che non rinuncia al confronto coi sentimenti e con le domande ultime sulla vita ed il valore, l'intelletto è una facoltà essenzialmente logico-combinatoria, eminentemente orientata alla calcolabilità. In questa accezione, è la "più superficiale" e la "più adattabile" delle nostre facoltà. La sua ipertrofia - che per Simmel è tipica della modernità - corrisponde allo sviluppo di un atteggiamento strumentale e calcolistico tanto nei confronti delle relazioni fra le persone quanto nei confronti della vita in generale.>> (Paolo Jedlowski)

II. <<Soprattutto in periodi di complessità sociale e di estesa divisione del lavoro, le realizzazioni della cultura oggettiva vengono a costituire - per così dire - una sorta di regno autonomo. Le cose diventano più perfezionate, più "intellettuali", e in un certo senso più controllate da un legame logico intrinseco con la loro strumentalità; ma la "coltivazione" suprema, quella del soggetto, non cresce in modo proporzionato. E in verità, visto l'enorme incremento della cultura oggettiva, in cui il mondo delle cose viene parcellizzato fra innumerevoli lavoratori, la cultura soggettiva non può crescere allo stesso modo. (...) La dissonanza della cultura moderna - in particolare quella che si manifesta nei progressi della tecnica in ogni settore e nella contemporanea, profonda, insoddisfazione verso questo stesso progresso - è causata in gran parte dal fatto che le cose diventano sempre più "colte", mentre gli uomini sono sempre meno capaci di guadagnare dalla perfezione delle cose un perfezionamento della loro vita soggettiva.>>

III. <<Al blasé tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze. Ma questo stato d'animo è il fedele riflesso soggettivo dell'economia monetaria, quando questa sia riuscita a penetrare fino in fondo. Nella musica in cui il denaro pesa tutta la varietà delle cose in modo uniforme ed esprime tutte le differenze qualitative in termini quantitativi, nella misura in cui il denaro con la sua assenza di colori e la sua indifferenza si erge a equivalente universale di tutti valori, esso diventa il più terribile livellatore , svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il loro valore individuale, la loro imparagonabilità. Le cose galleggiano con lo stesso peso specifico nell'inarrestabile corrente del denaro, si situano tutte sullo stesso piano, differenziandosi unicamente per la superficie che ne ricoprono.>>

IV. <<Questa è infatti la connessione di cui qui si afferma la validità storica e oggettiva: i contenuti e le forme più ampi e universali della vita sono intimamente connessi con quelli più individuali; entrambi hanno la loro comune radice, ma anche il loro comune avversario, nelle formazioni e nei gruppi ristretti, che sono costretti dal bisogno di autoconservazione ad opporsi sia a ciò che è vasto e universale al di fuori di loro, sia a a ciò che si muove liberamente ed è individuale al loro interno.>>

V. <<Ed è solo l'altra faccia di questa libertà il fatto che a volte non ci si senta da nessuna parte così soli e abbandonati come nel brulichìo della metropoli: qui come altrove, non è detto affatto che la libertà dell'uomo si debba manifestare come un sentimento di benessere nella sua vita affettiva. >>

VI. <<Come un uomo non si esaurisce nei confini del suo corpo o dello spazio che occupa immediatamente con le sue attività, ma sono nella somma degli effetti che si dipanano a partire da lui nel tempo e  nello spazio, allo stesso modo anche una città esiste solo nell'insieme degli effetti che vanno oltre la sua immediatezza. Solo questo rappresenta il vero volume in cui il suo essere si esprime.>>

VII. <<Il punto decisivo è che la vita urbana ha trasformato la lotta con la natura per il cibo in una lotta per l'uomo: che la posta in palio non viene data dalla natura, ma dall'uomo. Qui infatti non si tratta solo della specializzazione, di cui si è detto, ma di qualcosa di più profondo: del fatto che l'offerente deve cercare di suscitare bisogni sempre nuovi e sempre più specifici nelle persone a cui si rivolge.>>

VIII. <<Dove l'aumento quantitativo del valore e dell'energia ha toccato il limite, si ricorre alla particolarizzazione qualitativa per poter attirare su di sé in qualche modo, grazie alla stimolazione del senso delle differenze, l'attenzione del proprio ambiente: ciò che finisce per portare alle eccentricità più arbitrarie, alle stravaganze tipicamente metropoltitane della ricercatezza, dei capricci, delle preziosità, il cui senso non sta più nei contenuti di tali condotte, bensì solo nell'apparire diversi, nel distinguersi e nel farsi notare - il che in definitiva rimane per molti l'unico mezzo per salvare, attraverso l'attenzione degli altri, una qualche stima di sé e la coscienza di occupare un posto.>>

IX. <<Dall'altra, però la vita è costituita sempre di più di questi contenuti e rappresentazioni impersonali, che tendono a eliminare le colorazioni e le idiosincrasie più intimamente singolari; così l'elemento più personale, per salvarsi, deve dar prova di una singolarità e una particolarità estreme: deve esagerare per farsi sentire, anche da se stesso.>>

domenica 26 maggio 2013

venerdì 24 maggio 2013

Orazio - Satire

I. <<Il popolo, che giudice! tu lo conosci: il più delle volte, stupido com'è, assegna le cariche a chi non ne è degno e, sciocco, si fa schiavo del nome e rimane a bocca aperta di fronte a iscrizioni e ritratti.>>

II. <<Non è dunque abbastanza allargare nella risata la bocca di chi ascolta (per quanto, anche qui, una certa capacità occorre); e ci vuole brevità perché il pensiero scorra via e non s'impacci con parole che appesantiscano o stanchino le orecchie; e ci vuole un tono ora austero, spesso giocoso, che sostenga a parte ora dell'oratore e del poeta, ora dell'uomo di mondo che risparmia il suo vigore ed ad arte lo atenua. Lo scherzo, il più delle volte, tronca questioni importanti con più energia ed efficacia del tono serioso.>>

III. <<Rivolta spesso lo stilo, se vuoi scrivere qualcosa che meriti d'essere letta due volte, e non darti pena perché t'ammiri la folla, contentati di pochi lettori. O forse, pazzo, preferisci che le tue poesie siano recitate nelle scolette da due soldi? Io no: mi basta infatti l'applauso dei cavalieri. >>

IV. <<Melius non tangere, clamo! - Meglio non toccarmi, lo dico chiaro!>>

V. <<Ciascuno cerca di far paura a chi gli è sospetto con l'arma di cui è forte, ed è questo un comandamento irresistibile della natura: a una conclusione di questo genere insieme a me tu devi arrivare. Il lupo attacca coi denti, il toro con le corna: donde viene ciò, se non dall'insegnamento dell'istinto? >>

VI. <<Farei fatica tuttavia, se in tavola è servito un pavone, a cavarti di testa la voglia di stuzzicarti il palato con esso, piuttosto che con una gallina; ti faresti sviare da vuote apparenze, perché è un uccello raro, che si vende a peso d'oro, perché dispiega nella variopinta sua coda un vero spettacolo. come se ciò avesse qualcosa a che fare con la sostanza. Forse che te le mangi queste penne cui tessi l'elogio? Forse che, quando è cotto, gli rimane lo stesso ornamento? Ma, sebbene come carne non ci sia la minima differenza, che tu, ingannato dalla differenza d'aspetto, cerchi questa più di quella, passi: ma dove ti è dato capire se questo qui che sta a bocca aperta è un lupo del Tevere o è stato pescato in alto mare? se fra i due ponti, sbattuto dai vortici, o presso la foce del fiume etrusco? Esalti, sciocco che sei, la triglia di tre libbre, che poi sei costretto a servire divisa un pezzetto ciascuno. È l'aspetto che ti attira, lo vedo bene.>>

VII. <<Come nei boschi, quando smarrimento spinge lontano dal sentiero sicuro e fa vagare a caso, quello sene va a sinistra, questo a destra, l'errore è il medesimo per tutti e due, ma si prende gioco di loro in direzioni diverse: è questo il senso in cui puoi crederti matto, che chi ti schernisce non è per niente più savio di te e si tira dietro la coda.>>

VIII. <<Ut vivas igitur, vigila. - Sta' sveglio dunque, per rimanere vivo.>>

mercoledì 15 maggio 2013

Des belles

Nous avons des belles langues
pour des belles mots
pour de beaux livres
pour de beaux coeurs


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Abbiamo delle belle lingue
per delle belle parole
per dei bei libri
per dei bei cuori

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We have beautiful languages
for beautiful words
for beautiful books
for beautiful hearts

mercoledì 8 maggio 2013

Satyricon - Petronio

I. <<Se qualcuno ambisce ai risultati di un'arte rigorosa e la mente rivolge a grandi cose, prima netti la sua vita con regole ferree di austerità. Trascuri a fronte alta l'arroganza di palazzo né dia la caccia, povero vassallo, agli inviti di ricchi tracotanti né, compagnone di scioperati, spenga nel vino la fiamma del suo genio, né infine sieda con la faccia davanti alla scena a distribuire applausi per contratto, al seguito di una compagnia di pantomimi.>> 

II. <<A che servono le leggi, in un mondo in cui il denaro è despota, dove nessun povero mai potrà avere la meglio? Persino chi il suo tempo dedica tutto a portare sulle spalle la bisaccia Cinica, talvolta usa barattare il vero con moneta sonante. Dunque la giustizia altro non è che  mercanzia a tutti vendibile ed il cavaliere che siede sul seggio dà il suo voto a sentenze comprate>>

III. Sed si nos coleos haberemus! <<Ahimè, ahimè, ogni giorno peggio! Questa città si sviluppa all'ingiù, come la coda del vitello. Ma perché ci sopportiamo un edile che vale un fico secco, per il quale un soldo nella sua tasca vale più della nostra vita? E così se la spassa a casa sua, guadagnando più soldi in un giorno di quanto un altro ne annovera in un patrimonio. Via che lo so da dove li ha tirai fuori i mille denari d'oro! Ma se noi avessimo le palle, non gongolerebbe tanto. Ma al giorno d'oggi la gente è così: a casa leoni, fuori volpi.>>

IV. <<Dunque giacché sappiamo di dover morire, perché non vivere?>> - <<Ergo,>> inquit <<cum sciamus nos morituros esse, quare non vivamus?>>