Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

martedì 11 dicembre 2012

Hannah Arendt - La banalità del male


I. <<Un processo assomiglia a un dramma in quanto che dal principio alla fine si occupa del protagonista, non della vittima.>>

II. <<Ciò che più colpiva le menti di quegli uomini che si erano trasformati in assassini, era semplicemente l'idea di essere elementi di un processo grandioso, unico della storia del mondo (''un compito grande,  che si presenta una volta ogni duemila anni'') e perciò gravoso. >>

III. <<"Era prassi comune fare qualche eccezione onde imporre più agevolmente la regola generale", come dice Louis de Jong in un illuminante articolo sugli ebrei e non ebrei nell'Olanda occupata.
Se l'accettazione delle categorie privilegiate fu così disastrosa, fu perché chi chiedeva di essere "eccettuato" implicitamente riconosceva la regola; ma a quanto pare questo fatto non fu mai afferrato da quelle "brave persone" - ebrei e gentili - che si davano da fare per raccomandare ai nazisti i "casi speciali,"  gli individui che potevano aver diritto a un trattamento preferenziale.>>

IV. <<Certo, Kant non si era mai sognato di dire una cosa simile; al contrario, per lui ogni uomo diveniva un legislatore nel momento stesso in cui cominciava ad agire: usando la 'ragion pratica' ciascuno trova i principî  che potrebbero e dovrebbero essere i principî della legge. Ma è anche vero che l'inconsapevole distorsione di Eichmann era in armonia con quella che lo stesso Eichmann chiamava la teoria di Kant "ad uso privato della povera gente". In questa versione ad uso privato, tutto ciò che restava dello spirito kantiano era che l'uomo deve fare qualcosa di più che obbedire alla legge, deve andare al di à della semplice obbedienza e identificare la propria volontà col principio che sta dietro la legge -  la fonte da cui la legge è scaturita. Nella filosofia di Kant questa fonte era la ragion pratica; per Eichmann, era la volontà del Führer.>>

V. <<A Gerusalemme, posto di fronte ai documenti che provavano la sua eccezionale fedeltà a Hitler, Eichmann cercò a più riprese di spiegare che nel Terzo Reich "le parole del Fūhrer avevano forza di legge" (Führerworte haben Gesetzeskraf), il che significava, tra l'altro, che gli ordini di Hitler non avevano bisogno di essere scritti. Cercò di spiegare che era per questo che egli non aveva mai chiesto un ordine scritto di Hitler (e in effetti documenti di questo tipo riguardanti la soluzione finale non sono mai stati trovati e probabilmente non esistettero mai), mentre aveva chiesto di vedere un ordine scritto di Himmler. Certo, questa era una situazione paradossale, e sull'argomento si sono scritti volumi e volumi. In tale sistema "giuridico", ogni ordine contrario nella lettera o nello spirito a una disposizione orale di Hitler era per definizione illegittimo. Perciò la posizione assunta da Eichmann assomigliava spiacevolmente a quella, tante volte citata, del soldato che in un sistema giuridico normale si rifiuta di eseguire ordini che sono contrari all'idea comune della legittimità e che quindi possono da lui essere considerati illegali. La vasta letteratura sull'argomento gioca di solito sull'ambiguità del termine "legge", che in questo contesto significa a volte la legge vigente in un dato paese - cioè il codice esistente, concreto - e a volte la legge che, si suppone, parla con identica voce nel cuore di tutti gli uomini. In pratica, però gli ordini a cui si può disobbedire devono essere "manifestamente illegali" e l'illegalità deve essere "come una bandiera nera che sventola al di sopra di essi con una scritta che dice: 'Proibito',"  secondo la pittoresca espressione adoperata nella sentenza. E sotto un regime criminale questa bandiera nera" con la sua "scritta ammonitrice" sventola su quello che è normalmente un ordine legittimo (per esempio, non uccidere degli innocenti solo perché sono ebrei) nella stessa manifesta maniera in cui sventola,  sotto un regime normale, al di sopra di un ordine criminale. Ripiegare sull'inequivocabile voce della coscienza, o, secondo la terminologia ancor più vaga dei giuristi, su un "generale sentimento di umanità" significa non soltanto aggirare la questione, ma rifiutarsi deliberatamente di prender nota dei principali fenomeni morali, giuridici e politici del nostro secolo.[...] E come nei paesi civili la legge presuppone che la voce della coscienza dica a tutti "Non ammazzare," anche se talvolta l'uomo può avere istinti e tendenze omicide, così la legge della Germania hitleriana pretendeva che la voce della coscienza dicesse a tutti:"Ammazza," anche se gli organizzatori dei massacri sapevano benissimo che ciò era contrario agli istinti e alle tendenze normali della maggior parte della popolazione. Il male, nel Terzo Reich, aveva perduto la proprietà che permette ai più di riconoscerlo per quello che è - la proprietà della tentazione. Molti tedeschi e molti nazisti, probabilmente la stragrande maggioranza, dovettero esser tentati di non uccidere, non rubare, non mandare a morire i loro vicini di casa (ché naturalmente, per quanto non sempre conoscessero gli orridi particolari, essi sapevano che gli ebrei erano trasportati verso la morte); e dovettero esser tentati di non trarre vantaggi da questi crimini e divenirne complici. Ma dio sa quanto bene avessero imparato a resistere a queste tentazioni.>>

VI. <<Era esattamente l'opposto di quello che fecero i danesi. Quando i tedeschi, con una certa cautela, li invitarono a introdurre il distintivo giallo, essi risposero che il re sarebbe stato il primo a portarlo, e i ministri danesi fecero presente che qualsiasi provvedimento antisemita avrebbe provocato le loro immediate dimissioni. Decisivo fu poi il fatto che i tedeschi non riuscirono nemmeno a imporre che si facesse una distinzione tra gli ebrei di origine danese (che erano circa semilaquattrocento) e i millequattrocento ebrei di origine tedesca che erano riparati in Danimarca prima della guerrae che ora il governo del Reich aveva dichiarato apolidi. Il rifiuto opposto dai danesi dovette stupire enormemente i tedeschi, poiché ai loro occhi era quanto mai "illogico" che un governo proteggesse gente a cui pure aveva negato categoricamente la cittadinanza e anche il permesso di lavorare. [...] I danesi spiegarono ai capi tedeschi che siccome i profughi, in quanto apolidi, non erano più cittadini tedeschi, i nazisti non potevano pretendere la loro consegna senza il consenso danese. Così i nazisti non poterono compiere nessuno di quei passi preliminari che erano tanto importanti nella burocrazia dello sterminio, e le operazioni furono rinviate all'autunno del 1943.>>

VII. <<"Non facemmo nulla. Chiunque avesse protestato sul serio o avesse fatto qualcosa contro le unità addette allo sterminio sarebbe stato arrestato entro ventiquattr'ore e sarebbe scomparso. uno dei metodi più raffinati dei regimi totalitari del nostro secolo consiste appunto nell'impedire agli oppositori di morire per le loro idee di una morte grande, drammatica, da martiri. Molti di noi avrebbero accettato una morte del genere. Ma la dittatura fa scomparire i suoi avversari di nascosto, nell'anonimo. È certo che chi avesse preferito affrontare la morte piuttosto che tollerare in silenzio il crimine, avrebbe sacrificato la vita inutilmente. Ciò non vuol dire che il sacrificio sarebbe stato moralmente privo di senso. Ma sarebbe stato praticamente inutile. Nessuno di noi aveva convinzioni così profonde da addossarsi un sacrificio praticamente inutile in nome di un significato superiore:"

L'esempio del sergente Anton Schmidt sta però a dimostrare non tanto la vuotezza della rispettabilità (poiché in circostanze come quelle la rettitudine si riduce semplicemente a rispettabilità), quanto la vuotezza di tutto il ragionamento, che pure a prima vista sembra ineccepibile. È vero che il regime hitleriano cercava di creare vuoti di oblio ove scomparisse ogni differenza tra il bene e il male, ma come i febbrili tentativi compiuti dai nazisti dal giugno 1942 in poi per cancellare ogni traccia dei massacri (con la cremazione, con l'incendio in pozzi, con gli esplosivi e i lanciafiamme, e macchine che frantumavano le ossa) furono condannati al fallimento, così anche tutti tutti i loro sforzi di far scomparire gli oppositori "di nascosto, nell'anonimo," furono vani. I vuoti di oblio non esistono. Nessuna cosa umana può essere cancellata completamente e al mondo c'è troppa gente perché certi fatti non si risappiano: qualcuno resterà sempre in vita per raccontare. E perciò nulla può mai essere "praticamente inutile," almeno non a lunga scadenza.>>

VIII. <<Ma il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali. Dal punto di vista delle istituzioni giuridiche e dei nostri canoni etici, questa normalità è più spaventosa di tutte le atricità messe insieme, poiché implica - come già fu detto e ripetuto a Norimberga, perché là i grandi criminali di guerra avevano sì sostenuto di avere obbedito a "ordini superiori", ma al tempo stesso si erano anche vantati di avere ogni tanto disobbedito, e perciò era stato più facile...