Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

giovedì 29 novembre 2012

Cicerone - Le Tuscolane

I. <<"Pianta alberi che frutteranno per la generazione seguente": il personaggio che si esprime così nei Sinefebi, che altro intende dire, se non che anche le future generazioni lo riguardano? Dunque il coscienzioso agricoltore pianterà alberi  di cui egli non vedrà mai i frutti, e il grande uomo non "pianterà" leggi, istituzioni, stato?>>

II. <<E i nostri filosofi? Non appongono forse la loro firma proprio ai libri che scrivono sul disprezzo della gloria? Se è vero che l'unanimità del consenso è voce della natura, e se tutti gli uomini, in ogni parte del mondo, concordano sull'esistenza di qualcosa che riguarda chi è uscito dalla vita, anche noi dobbiamo adeguarci a questa opinione; se inoltre riterremo che, proprio per l'eccellenza della loro natura, i più capaci di individuare la potenza della natura sono coloro iil cui animo si distingue per ingegno o virtù, è verosimile, visto che tutti i migliori si mettono al servizio della posterità, che esista qualcosa di cui essi avranno la sensazione dopo la morte.>>

III. <<Eppure vogliono che questi simulacri parlino, cosa impossibile senza lingua, senza palato, senza l'uso di organi quali gola, torace, polmoni. Con la mente infatti non riuscivano a vedere nulla, e riportavano tutto al controllo degli occhi. D'altra parte solo un ingegno notevole è in grado di staccare la mente dai sensi e dipingere il pensiero su vie inconsuete. Magni autem est ingeni seuocare mantem a sensibus et cogitationem ab consuetudine abducere.>>

IV. <<E poiché di solito sono gli ardori del corpo a suscitare in noi la fiamma di quasi tutte le passioni, e tanto più ci sentiamo bruciare perché vogliamo competere con coloro che posseggono ciò che noi desideriamo, raggiungeremo certamente la felicità quando, abbandonato il corpo, saremo liberi sia dalle passioni sia delle rivalità; e quelle attività che nascono dal desiderio di osservare o esaminare qualcosa, alle quali ora ci dedichiamo quando siamo liberi da preoccupazioni, saranno allora per noi molto più semplicemente realizzabili, e ci dedicheremo totalmente alla contemplazione e alla ricerca, dal momento che è innata nella nostra mente una sorta di insaziabile brama di vedere la verità, e la natura stessa dei luoghi dove giungeremo, rendendoci più facile la conoscenza delle cose celesti, aumenterà il nostro desiderio di conoscerle.>>

V. <<Immaginiamo quale sarà lo spettacolo, quando potremo contemplare la terra intera, e di essa vedere non solo la posizione, la forma, la circonferenza, ma anche distinguere le regioni abitabili da quelle del tutto prive di vita per l'eccessiva violenza del freddo o del caldo.>>

VI. <<Anche ora d'altronde, non sono gli occhi a farci distinguere ciò che vediamo: non c'è infatti nel corpo alcuna facoltà di percepire, ma come insegnano sia i naturalisti, sia soprattutto i medici, che conoscono bene questi organi per averli visti, sezionati e messi in evidenza, esistono nel nostro corpo quasi delle "condutture", che dalla sede dell'anima portano agli occhi, agli orecchi, alle narici. Questo è il motivo per cui spesso, se siamo immersi in qualche pensiero o siamo colpiti da qualche grave malattia, ci capita di non vedere né udire alcunché, pur avendo gli occhi e gli orecchi aperti e in piena efficienza: da ciò si può facilmente arguire che a vedere e udire è l'anima, non quelle parti che potremmo si considerare come finestre dell'anima, ma che non darebbero mai alla mente la capacità di percepire, se non ci fosse da parte sua viva attenzione e impegno. E che dire del fatto che una stessa mente ci permette di percepire cose tanto diverse come il colore, il sapore, l'odore, il suono? Mai l'anima sarebbe in grado di riconoscerle attraverso i suoi cinque messaggeri, se non facessero tutte capo a lei, e non fosse essa stessa l'unico loro giudice. Dunque certamente tali percezioni ci appariranno di gran lunga più pure e limpide quando l'anima , libera, avrà finalmente raggiunto la sua destinazione naturale. Ora infatti, per quanto eccezionale sia l'arte con cui la natura ha realizzato quei fori che aprono un passaggio dal corpo all'anima, questi rimangono pur sempre in qualche modo ostruiti da particelle di materia terrena; ma quando non ci sarà più nulla tranne l'anima, allora nessun ostacolo le impedirà di percepire la qualità di ogni cosa.>>

VII. <<L'anima non ha forza sufficiente a vedere se stessa. Ma come succede agli occhi, l'anima, pur non vedendo se stessa, distingue le altre cose. Quel che non vede  - ed è cosa di minima importanza - è il suo aspetto (per quanto, è possibile che veda anche questo, ma lasciamo andare); vede però certamente la sua forza, la sagacia, la memoria, il moto, la velocità. Quale sia precisamente il suo aspetto o dove abiti, non vale proprio la pena di chiederselo.>>

VIII. <<Se dunque la natura vuole che, come la nascita è per noi l'inizio di ogni cosa, così la morte ne sia la fine, allo stesso modo, come nulla ci riguardò prima della nascita, così nulla ci riguarderà dopo la morte.>>

IX. <<Più rigido Diogene, le cui opinioni peraltro erano le stesse; ma, più bruscamente, da cinico, ordinò che lo si lasciasse senza sepoltura. Allora gli amici: "esposto agli uccelli e alle fiere?". "No davvero," rispose "mettete piuttosto vicino a me un bastone da usare per scacciarli." E quelli: "Come potrai, se non avrai sensibilità?". "Che danno mi procurerà allora il morso delle fiere, se non sentirò nulla?>>

X. <<L'effetto della filosofia è infatti questo: cura l'anima, toglie le preoccupazioni inutili, libera dai desideri, scaccia i timori.>>

XI.  <<Quanti ne puoi trovare, tra i filosofi, la cui condotta, il cui modo di pensare e di vivere siano conformi ai requisiti della ragione? Che considerino il loro insegnamento non come una occasione per dimostrare il loro sapere, ma come una legge di vita? Che siano i primi a ubbidire a se stessi, e a seguire i princìpi da loro stabiliti?>>

XII. <<C'è nell'anima di quasi tutti gli uomini un qualcosa che per natura è tenero, debole, umile, senza nerbo per così dire, e languido. Se non ci fosse altro, non ci sarebbe nulla di più spregevole dell'uomo; invece ecco pronta la ragione, signora e regina di tutto, che valendosi delle sue forze e procedendo sempre più avanti diventa perfetta virtù. Che sia essa a comandare a quella parte dell'anima che deve ubbidire, è ciò cui l'uomo deve mirare.>>

XIII. <<Ci sono infatti delle analogie tra l'anima e il corpo: come i pesi si trasportano più facilmente con i muscoli tesi, mentre, se questi si allentano, i pesi ci schiacciano , nello stesso identico modo l'anima con la sua tensione allontana l'oppressione di ogni peso, mentre se si lascia andare viene oppressa al punto da non riuscire a risollevarsi. E, se vogliamo essere sinceri,  nell'adempimento di tutti i doveri occorre la tensione dell'anima; essa è per così dire la sola custode del dovere.>>

XIV. <<Anzi, a dire il vero, a me sembra degno di maggior lode tutto ciò che avviene senza ostentazione e lontano dal giudizio della gente, non perché si debba fuggirne, (tutte le buone azioni amano essere messe in luce), ma certo per la virtù non c'è pubblico più importante della coscienza.>><<Sed tamen nullum theatrum uirtuti coscientia maius est.>>

XV. <<Mirabili anche le parole di Anassagora che a Lampsaco, in punto di morte, agli amici che gli chiedevano se volesse essere trasportato a Clazomene, la sua patria, nel caso fosse successo qualcosa, rispose: "Non c'è bisogno: qualunque sia il punto di partenza, la lunghezza della strada per gli Inferi non cambia".>>

XVI. <<Le critiche sono mal tollerate da coloro che si sono per così dire votati e consacrati ad alcune idee fisse e ben determinate, per cui si trovano costretti a sostenere, per coerenza, anche ciò che di solito non approvano; io invece, che seguo il principio della probabilità e non posso avventurarmi al di fuori di ciò che si presenta come verosimile, sono pronto sia a confutare senza ostinazione, sia a lasciarmi confutare senza adirarmi.>>

Nessun commento:

Posta un commento