Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

venerdì 24 maggio 2013

Orazio - Satire

I. <<Il popolo, che giudice! tu lo conosci: il più delle volte, stupido com'è, assegna le cariche a chi non ne è degno e, sciocco, si fa schiavo del nome e rimane a bocca aperta di fronte a iscrizioni e ritratti.>>

II. <<Non è dunque abbastanza allargare nella risata la bocca di chi ascolta (per quanto, anche qui, una certa capacità occorre); e ci vuole brevità perché il pensiero scorra via e non s'impacci con parole che appesantiscano o stanchino le orecchie; e ci vuole un tono ora austero, spesso giocoso, che sostenga a parte ora dell'oratore e del poeta, ora dell'uomo di mondo che risparmia il suo vigore ed ad arte lo atenua. Lo scherzo, il più delle volte, tronca questioni importanti con più energia ed efficacia del tono serioso.>>

III. <<Rivolta spesso lo stilo, se vuoi scrivere qualcosa che meriti d'essere letta due volte, e non darti pena perché t'ammiri la folla, contentati di pochi lettori. O forse, pazzo, preferisci che le tue poesie siano recitate nelle scolette da due soldi? Io no: mi basta infatti l'applauso dei cavalieri. >>

IV. <<Melius non tangere, clamo! - Meglio non toccarmi, lo dico chiaro!>>

V. <<Ciascuno cerca di far paura a chi gli è sospetto con l'arma di cui è forte, ed è questo un comandamento irresistibile della natura: a una conclusione di questo genere insieme a me tu devi arrivare. Il lupo attacca coi denti, il toro con le corna: donde viene ciò, se non dall'insegnamento dell'istinto? >>

VI. <<Farei fatica tuttavia, se in tavola è servito un pavone, a cavarti di testa la voglia di stuzzicarti il palato con esso, piuttosto che con una gallina; ti faresti sviare da vuote apparenze, perché è un uccello raro, che si vende a peso d'oro, perché dispiega nella variopinta sua coda un vero spettacolo. come se ciò avesse qualcosa a che fare con la sostanza. Forse che te le mangi queste penne cui tessi l'elogio? Forse che, quando è cotto, gli rimane lo stesso ornamento? Ma, sebbene come carne non ci sia la minima differenza, che tu, ingannato dalla differenza d'aspetto, cerchi questa più di quella, passi: ma dove ti è dato capire se questo qui che sta a bocca aperta è un lupo del Tevere o è stato pescato in alto mare? se fra i due ponti, sbattuto dai vortici, o presso la foce del fiume etrusco? Esalti, sciocco che sei, la triglia di tre libbre, che poi sei costretto a servire divisa un pezzetto ciascuno. È l'aspetto che ti attira, lo vedo bene.>>

VII. <<Come nei boschi, quando smarrimento spinge lontano dal sentiero sicuro e fa vagare a caso, quello sene va a sinistra, questo a destra, l'errore è il medesimo per tutti e due, ma si prende gioco di loro in direzioni diverse: è questo il senso in cui puoi crederti matto, che chi ti schernisce non è per niente più savio di te e si tira dietro la coda.>>

VIII. <<Ut vivas igitur, vigila. - Sta' sveglio dunque, per rimanere vivo.>>

Nessun commento:

Posta un commento