Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

venerdì 14 settembre 2012

Prometeo incatenato - Eschilo



I. <<Cielo divino, aliti di vento,
rapide ali di vento, sorgenti di fiumi,
sorriso interminabile del mare,
terra madre di tutto,
e tuo occhio del sole onniveggente
io v'invoco, guardate
un dio che soffre a causa degli dèi.
Guardate quale pena mi consuma
e quale obbrobrio, e mi torturerà
nel tempo, nelle annate interminabili.
Il nuovo signore dei beati
trovò per me catene di vergogna.
Ahi, ahi,
lamento una sventura
 che è ora e che sarà:
e quando dovrà sorgere
l'ultimo giorno della mia sventura?
No, che mi dico: tutto il futuro
conosco esatto e chiaro,
mai nessuna sventura verrà nuova.
Bisogna che sopporti la mia sorte,
paziente, riconosca
che la forza del fato non si vince.
Ma non posso tacere né gridare
la mia sorte, il mio essere. Ho spartito
con i mortali un dono degli dèi;
per questo fui inchiodato al mio destino.
Cercai la scaturigine segreta
del fuoco che si cela nel midollo
della canna, maestro d'ogni arte,
via che si apre. Questo fu il peccato
di cui pago la pena
inchiodato e in catena in faccia al cielo.>>

II. <<Piango la tua rovina
Prometeo, il pianto dagli occhi
si effonde sulle guance
come un tenero fiume>>

III. <<Parlerò senza biasimo degli uomini,
ma narrerò l'amore del mio dono.
Essi avevano occhi e non vedevano,
avevano le orecchie e non udivano,
somigliavano a immagini di sogno,
perduravano un tempo lungo e vago
e confuso, [...] e infine per loro scoprii
il numero , la prima conoscenza,
e i segni scritti come si compongono,
la memoria di tutto, che è la madre
operosa del coro delle Muse.>>

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