Sic volvenda aetas commutat tempora rerum.

mercoledì 8 maggio 2013

Satyricon - Petronio

I. <<Se qualcuno ambisce ai risultati di un'arte rigorosa e la mente rivolge a grandi cose, prima netti la sua vita con regole ferree di austerità. Trascuri a fronte alta l'arroganza di palazzo né dia la caccia, povero vassallo, agli inviti di ricchi tracotanti né, compagnone di scioperati, spenga nel vino la fiamma del suo genio, né infine sieda con la faccia davanti alla scena a distribuire applausi per contratto, al seguito di una compagnia di pantomimi.>> 

II. <<A che servono le leggi, in un mondo in cui il denaro è despota, dove nessun povero mai potrà avere la meglio? Persino chi il suo tempo dedica tutto a portare sulle spalle la bisaccia Cinica, talvolta usa barattare il vero con moneta sonante. Dunque la giustizia altro non è che  mercanzia a tutti vendibile ed il cavaliere che siede sul seggio dà il suo voto a sentenze comprate>>

III. Sed si nos coleos haberemus! <<Ahimè, ahimè, ogni giorno peggio! Questa città si sviluppa all'ingiù, come la coda del vitello. Ma perché ci sopportiamo un edile che vale un fico secco, per il quale un soldo nella sua tasca vale più della nostra vita? E così se la spassa a casa sua, guadagnando più soldi in un giorno di quanto un altro ne annovera in un patrimonio. Via che lo so da dove li ha tirai fuori i mille denari d'oro! Ma se noi avessimo le palle, non gongolerebbe tanto. Ma al giorno d'oggi la gente è così: a casa leoni, fuori volpi.>>

IV. <<Dunque giacché sappiamo di dover morire, perché non vivere?>> - <<Ergo,>> inquit <<cum sciamus nos morituros esse, quare non vivamus?>>

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